FAQ

Pubblichiamo di seguito le risposte alle domande più frequenti (Faq) divise per argomento:

Che tipo di contratto si applica per il lavoro autonomo del giornalista?
In ipotesi di lavoro autonomo il giornalista ha due alternative. Può stipulare un contratto di collaborazione con l’azienda e convenire lo stipendio con l’altro contraente, tenendo conto del tipo di lavoro che andrà a svolgere, dell’impegno e del grado di professionalità necessari, etc. In alternativa può richiedere la retribuzione per ogni singola prestazione. Non esistono contratti collettivi. Può valere la regola dell’Equo Compenso.

Quando un giornalista può svolgere lavoro occasionale?
Per i giornalisti, così come per tutti i liberi professionisti iscritti ad un Albo, non esiste lavoro occasionale.
Il carattere dell’abitualità ai fini contributivi è richiesto esclusivamente per i soggetti destinatari dell’art. 2, comma 26, della legge 335/95 (parasubordinati e incaricati delle vendite a domicilio).
Il Ministero delle Finanze ha ritenuto occasionali i seguenti redditi di lavoro autonomo, svolti non in forma abituale:
– custodia beni archeologici (Ris. Min. 3/8/1974);
– lavori di facchinaggio ( Ris. Min. 18/9/1975 n. 917);
– attività di guida turistica (Ris. Min. 28/7/1979 n. 8/1353).
I giornalisti, invece, e tutti gli iscritti in Albi, sono destinatari del comma 25 dell’art. 2 della legge 335/95 e del decreto legislativo n. 103/96 che ne costituisce attuazione.
Per tali soggetti i presupposti per l’insorgenza dell’obbligo assicurativo, e cioè l’iscrizione all’Inpgi 2, sono lo svolgimento di attività autonoma di libera professione e l’iscrizione in appositi albi o elenchi.

Un editore mi ha proposto un contratto a progetto, è accettabile se non c’è nessun progetto e devo lavorare tutte le settimane? Ad altri colleghi ha proposto un contratto di collaborazione occasionale, ma si può fare per i giornalisti?
Il contratto progetto non può essere stipulato con lavoratori iscritti ad un albo professionale, come i giornalisti (art. 61 Dlgs. 276/2003). Il contratto di “collaborazione occasionale” si stipula anche con i giornalisti.

Un’azienda mi propone un contratto ma pretende una lettera di dimissioni in bianco. Come posso difendermi? Se accetto, come faccio a dimostrare che ho subito un’imposizione?
È questo un grave mal costume. Il consiglio è di non accettare mai questa imposizione, anche perché è poi quasi impossibile dimostrare tutto questo in giudizio.

Ho fatto un periodo di prova di due settimane per un’agenzia, poi non mi hanno preso, per quei giorni di lavoro non mi devono nulla?
Anche il periodo di prova è retribuito (se il lavoro è subordinato) o compensato (se il lavoro è autonomo).

Da mesi ho cominciato a collaborare con una testata, ma ancora non ho visto alcun contratto o lettera di incarico. Cosa devo fare?
Se il lavoro, nei fatti, è subordinato, vi è il diritto di agire in giudizio per il riconoscimento di ciò, con ogni conseguenza relativa (retribuzione, contributi, ecc.).
Se il lavoro è realmente autonomo, non vi sono mezzi per obbligare il committente a stipulare un contratto.

L’editore può ridurmi unilateralmente i compensi? E allora a cosa serve l’accordo firmato? Posso fare causa?
I compensi, una volta scritti nel contratto di collaborazione, non possono essere unilateralmente ridotti. Se ciò avviene si può agire in giudizio.

Da mesi non ricevo più il compenso, nonostante le mie continue richieste, cosa devo fare per farmi pagare?
Se il lavoro è subordinato, si può agire con la richiesta di un decreto ingiuntivo. Se il lavoro è svolto in regime di collaborazione coordinata e continuativa, si può ugualmente richiedere un decreto ingiuntivo, ma solo se vi è la prova scritta delle prestazioni effettuate e dell’importo (generalmente scritto sul contratto) che non è stato pagato.

E’ vero che un giornalista iscritto all’Ordine non può avere più di un contratto di collaborazione autonoma? E se mi assumono come dipendente a termine?
Nessuna norma di legge o di contratto collettivo impone ai lavoratori autonomi di avere un solo contratto di collaborazione. È possibile, però, che nel contratto individuale di lavoro il datore inserisca la clausola di esclusiva, ma il lavoratore può rifiutarsi di sottoscriverla.
Anche ne lavoro dipendente il vincolo di esclusiva non è automatico e prescinde dalla durata del rapporto di lavoro (a termine o a tempo indeterminato). Per avere validità deve essere esplicitamente previsto nella lettera di assunzione.
Pertanto, anche in caso di contratto a termine l’azienda può richiedere l’esclusiva.

Un giornalista può avere un contratto con cessione del diritto d’autore?
La questione circa la cessione del diritto d’autore (Legge 22/04/1941 n. 633) e la professione giornalistica è quanto mai dibattuta. A tal riguardo l’indicazione del Ministero del Lavoro, sollecitato in proposito, esclude l’attività giornalistica tout court dalle norme contenute nella legge 633 del 1941, ammettendola solo in casi sporadici con specifico riferimento all’alta specializzazione degli articoli pubblicati (es. rubriche tenute da esperti in questo o quel campo), molti però rimangono i contratti di questo tipo.

L’azienda per la quale lavoro mi richiede il DURC cosa devo fare?
Il DURC, documento unico di regolarità contributiva (meglio non usare la sigla), va richiesto direttamente a Roma, al responsabile dell’Ufficio Contributi della Gestione Separata (Email: gestione_separata@inpgi.it,).

Mi hanno proposto un contratto di somministrazione ma io vorrei che i miei contributi andassero all’INPGI?
Anche con un contratto di somministrazione (tramite agenzia interinale) è possibile versare i contributi all’INPGI.

La legge sull’equo compenso è valida anche per coloro che svolgono attività assimilabile ad una mansione giornalistica, pur non essendo iscritti all’ordine dei giornalisti? Spesso le collaborazioni fotovideo non sono contrattate dal singolo professionista, ma da un’agenzia che non è testata giornalistica, ma generalmente ha solo iscrizione alla camera di commercio e partita iva, la legge è applicabile? Infine il compenso del fotoreporter come andrebbe inquadrato?
La legge sull’equo compenso (233/2012) è una legge speciale. Di conseguenza, non può avere un’interpretazione estensiva. Essa si applica soltanto ai giornalisti iscritti all’albo professionale e nei confronti delle testate quotidiane e periodiche (anche telematiche), le agenzie di stampa e le emittenti radiotelevisive.
Ciò significa che la legge non può applicarsi ai fotografi che non siano iscritti all’albo dei giornalisti. Non può, inoltre, applicarsi nei confronti delle agenzie fotografiche.
Per quanto riguarda, infine, il livello dei compensi, la legge lo ha demandato ad una apposita commissione che, per il momento, ha provveduto soltanto al suo insediamento.

Nell’ambito della mia libera professione di giornalista ed ufficio stampa ho concluso da breve tempo un rapporto di collaborazione autonoma per un’azienda. Quest’ultima mi chiede di avere l’archivio dei contatti dei giornali e dei giornalisti che ho raccolto svolgendola mia attività nel loro ambito di lavoro. Cosa posso e cosa devo fare?
I rapporti professionali sono patrimonio del giornalista salvo che questa attività non fosse oggetto di specifico incarico.

Mi hanno proposto un contratto di collaborazione in cui io figuro come co-fondatore di una testata. Invece di essere pagato mi darebbero (sempre che vada tutto bene) una quota della società: se le cose non vanno bene o me ne vado prima non ho diritto a nulla, mentre intanto ho solo obblighi. È regolare questa forma?
Assolutamente no. Se uno lavora, ha diritto alla retribuzione (o al compenso, se lavoratore autonomo.

Da mesi ho cominciato a collaborare con una testata, ma ancora non ho visto alcun contratto o lettera di incarico. Cosa devo fare?
Se il lavoro, nei fatti, è subordinato, vi è il diritto di azionare un giudizio per il riconoscimento di ciò, con ogni conseguenza relativa (retribuzione, contributi, ecc.). Se il lavoro è realmente autonomo, non vi sono mezzi per obbligare il committente a stipulare un contratto.

Quando un sito copia ed incolla contenuto di un altro sito qual è l’azione da intraprendere?
In genere, contro il sito che ha copiato, è possibile chiedere giudizialmente la cancellazione di ciò che è stato “copiato” e l’eventuale risarcimento del danno.

Un giornalista può scrivere gratis per una testata giornalistica?
Sì. Ognuno è libero di scrivere gratuitamente. Ma se il rapporto è subordinato, la volontà del giornalista di non percepire la retribuzione (ipotesi che si può considerare remota), può ripensarci e chiedere la retribuzione (art. 36 della Costituzione). Attenzione, gli istituti previdenziali, anche se il giornalista non vuole la retribuzione, hanno sempre il diritto di chiedere i contributi.

Dovrei firmare un contratto co.co.co. quale deve essere la sede di lavoro?
Per tutti i contratti co.co.co. è prevista un’assoluta autonomia organizzativa senza vincoli gerarchici, di orario e di presenza; l’unico “obbligo” è quello di coordinamento tra committente e collaboratore per l’esecuzione della prestazione giornalistica con contatti più o meno frequenti con uno o più referenti del committente.
Relativamente alla scelta della sede di lavoro, che andrà specificata nel contratto, essa potrà essere la sede della committente, la sede di clienti del committente e l’indirizzo del collaboratore.

Sono un giornalista iscritto all’Ordine come va interpretata la Legge Biagi relativamente al mio lavoro? Se non mi applicano un contratto co.co.pro. che contratto mi devo far fare? Cosa devo scrivere?
Il comma 3 dell’articolo 61 del Decreto Legislativo n. 276, del 10 settembre 2003 (la cosiddetta Legge Biagi), esclude chiaramente dall’applicazione delle nuove tipologie di lavoro (lavoro a progetto e lavoro occasionale) le professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione in appositi Albi, esistenti alla data di entrata in vigore del Decreto legislativo stesso.
È evidente che tutti gli iscritti all’Ordine nel caso in cui svolgano attività giornalistica, non sono soggetti all’applicazione delle norme sul lavoro a progetto e possono, quindi, continuare ad avere rapporti di collaborazione coordinata e continuativa nelle forme applicate negli anni precedenti.
I contratti di collaborazione coordinata e continuativa sono regolati dagli articoli 2222 e seguenti del Codice civile, e dovranno risultare da lettera contratto contenente le seguenti indicazioni: la data di inizio della collaborazione, la durata del rapporto di collaborazione, il tipo di prestazioni professionali richieste al giornalista, il corrispettivo pattuito, i tempi e le modalità di pagamento.
Il contratto co.co.co. non prevede vincoli di orario, vincoli di subordinazione, mentre l’utilizzo di strumenti aziendali va concordato e finalizzato alla prestazione richiesta.
Il giornalista è assoggettato alla contribuzione dell’Inpgi Gestione separata, l’aliquota sarà per due terzi a carico del committente e per un terzo a carico del giornalista.

Ho collaborato per circa un anno per un giornale come cronista di nera e giudiziaria, ma avevo un contratto di collaborazione occasionale. Era regolare o potevo chiedere qualcos’altro?
Non si può rispondere perché dipende dalle modalità di esecuzione del rapporto. Se lo stesso, nei fatti, era subordinato, il contratto di collaborazione non era da considerarsi legittimo.

Si può obbligare un’azienda a convertire un contratto di lavoro a progetto in rapporto subordinato se, al di là della certificazione, il lavoro era svolto in forma subordinata?
La subordinazione si può sempre accertare, a prescindere dalla forme dei contratti di lavoro scritti dalle parte. Al fine di ridurre il contenzioso in materia di lavoro, la legge Biagi ha introdotto l’istituto della certificazione, da ultimo modificato dal cosiddetto Collegato lavoro. Le parti possono ora ottenere la certificazione di tutti i contratti in cui sia dedotta una prestazione di lavoro secondo una particolare procedura. La certificazione, entro certi limiti, vincola il giudice sia nella qualificazione del contratto di lavoro, sia nell’interpretazione delle relative clausole.

Un giornale mi ha proposto un contratto di collaborazione, posso richiederne una copia perché la possa fare vedere alla mia Associazione di stampa?
Tutti hanno diritto ad avere, prima della firma, una copia di qualsiasi contratto.

Il mio contratto co.co.co. è stato rinnovato già 3 volte, sempre con le stesse mansioni, scade il prossimo giugno e mi hanno detto che me lo rinnoveranno. C’è una legge che fissa un limite al rinnovo dei co.co.co.?
Non ci sono limiti di legge per il rinnovo dei contratti co.co.co. sempreché non abbiano caratteristiche del lavoro dipendente: in questo caso dovranno essere commutati in contratti giornalistici.

Se un giornalista con contratto co.co.co è assente per malattia avrà ugualmente diritto al pagamento di quel periodo di assenza oppure no?
Il collaboratore coordinato e continuativo sul piano giuridico deve considerarsi a ogni effetto come lavoratore autonomo e, quindi, non subordinato. La differenza tra il lavoro autonomo (locatio operis) e il lavoro subordinato (locatio operarum) si evidenzia nell’oggetto della prestazione che, nel primo caso, consiste nella realizzazione di un’opera e nel secondo nella messa a disposizione del datore di lavoro delle proprie capacità lavorative. La prestazione lavorativa quotidiana e con l’osservanza di un orario di lavoro sono, di conseguenza, requisiti propri del lavoro subordinato. Il co.co.co. non può avere obbligo di presenza quotidiana, ne tanto meno obbligo di osservanza di un orario di lavoro e quindi, non gli si potrà mai ridurre il compenso pattuito a causa di malattia. Se l’azienda lo dovesse fare riconoscerebbe esplicitamente che non si tratta di una prestazione di lavoro autonomo bensì una vera e propria prestazione di lavoro subordinato.

Una persona fisica come ad esempio un politico o un attore, in ogni caso una figura professionale che non ha una ragione sociale perché non è un’azienda, può stipulare un contratto co.co.co. con un giornalista come ufficio stampa?
Sì anche le persone fisiche possono stipulare un contratto co.co.co.

Sono un giornalista professionista in Cassaintegrazione, mi propongono un contratto co.co.co. lo posso accettare? Quale aliquota contributiva va applicata?
L’aliquota contributiva applicata ai co.co.co. che percepiscono anche l’indennità di cassaintegrazione è del 17%, solo in questo caso il giornalista è titolare di altra posizione assicurativa obbligatoria in quanto la cassaintegrazione è considerata come prosecuzione del rapporto di lavoro. Se in futuro percepirai l’indennità di disoccupazione l’aliquota contributiva applicata è del 26%.

Quali sono i tempi di pagamento previsti per i contratti di collaborazione, laddove non sono specificatamente indicati nel contratto?
Nei rapporti autonomi, come la collaborazione coordinata e continuativa, i tempi di pagamento sono stabiliti in accordo tra le parti. Se non vi è l’accordo, si può chiedere l’applicazione del Dlgs. n. 249 del 2002, che prevede, trascorsi 30 giorni, il diritto alla corresponsione di interessi.

Un giornale mi offre un co.co.co. ma vogliono l’esclusiva. Possono farlo? E allora quanto dovrebbero pagarmi se posso lavorare solo per loro?
Il co.co.co. è un contratto autonomo ed in esso possono essere inserite tutte le clausole volute dalle parti. E’ evidente che se, nei fatti, vi è la subordinazione, l’obbligo di esclusiva in esso inserito è un ulteriore indice della medesima.

E’ vero che le amministrazioni pubbliche non possono affidare incarichi a soggetti iscritti ad un Ordine professionale se questi non hanno Partita IVA?
La Partita IVA è richiesta per singole prestazioni professionali. In presenza di rapporti di lavoro, sotto forma di collaborazione coordinata e continuativa, non è necessario averla.

Per la mia attività giornalistica autonoma alcune aziende mi chiedono di inserire nella nota di pagamento (non ho aperto Partita IVA) una clausola nella quale dichiaro di non aver superato i 5 mila euro di prestazione occasionale; perché me lo chiedono solo in alcuni casi? Quando devo integrare il modello della nota con questa aggiunta?
La Gestione Separata Inpgi ha norme diverse rispetto alla Gestione Separata INPS. Per l’Inpgi non variano né l’obbligo contributivo né la misura dei contributi sia con reddito inferiore che superiore a 5.000 euro.
Il giornalista verserà sempre il 10% più il 2% su tutti i redditi da attività giornalistica autonoma non soggetti a contratto di collaborazione coordinata e continuativa, siano essi occasionali, con partita IVA o con la formula della cessione di diritto d’autore, anche se supera la soglia dei 5.000 euro di reddito lordo. Pertanto non dovrai integrare la nota spese con la dicitura che ti propongono.

Esistono differenze di trattamento fiscale o previdenziale in base al codice di attività scelto?
Non esistono differenze di trattamento fiscale o previdenziale in base al codice attività scelto, in quanto il codice di attività generico “74.90.99 Altre attività professionali nca“ con il relativo obbligo di iscrizione alla Gestione Separata INPS, corrispondere all’attività svolta da non iscritti all’albo giornalisti che svolgono attività di consulenza redazionale e in questo caso cambia l’inquadramento professionale.

Come si compone una fattura?
Nella fattura, da intestare al committente, dovranno obbligatoriamente comparire i dati del giornalista, la data il numero della fattura, il tipo di prestazione svolta e la parte economica (Imponibile, IVA, contributo integrativo INPGI2 etc..)

Quali sono le spese che si possono scaricare e in quale misura?
Possono essere dedotte dal reddito professionale tutte le spese sostenute purché strettamente inerenti l’attività professionale, è ovvio quindi che le tipologie di spesa cambiano a seconda dell’attività svolta. A titolo esemplificativo (telefonia, iscrizione albo, cancelleria, computer etc..). A seconda della tipologia di spesa vi sono dei specifici limiti di deducibilità fiscale, pertanto, alcune spese (esempio auto e telefonia) possono essere dedotte solo in parte.

Nel caso di un rapporto di lavoro con un committente, oltre alla fatturazione è necessario/consigliabile stipulare una sorta di contratto “vincolante” o si può fare a meno?
È sempre consigliabile stipulare una sorta di contratto con tutti i committenti anche nella forma più semplice della lettera d’incarico soprattutto a tutela degli interessi del lavoratore.

Quali sono i requisiti ed i riferimenti normativi per l’accesso al regime dei contribuenti minimi per un giornalista che ha aperto, o intende aprire, Partita IVA.?
Dal 2012 le persone fisiche che intraprendono una nuova attività d’impresa o lavoro autonomo possono adottare il regime dei minimi per un periodo di 5 anni a partire dall’anno di inizio dell’attività oppure anche oltre il 5° anno e fino all’anno in cui il contribuente compie 35 anni.
Per adottare il predetto regime sono necessari ulteriori 2 requisiti:

  1. non aver esercitato, nei 3 anni precedenti l’inizio dell’attività, un’attività artistica, professionale o d’impresa, anche in forma associata o familiare;

Tale requisito pertanto esclude coloro che nel triennio precedente (rispetto all’anno di inizio attività) siano stati imprenditori, professionisti oppure collaboratori d’impresa familiare, soci di società, professionisti associati di un’associazione professionale e ciò anche se in un settore di attività completamente diverso da quello relativo alla nuova attività.

  1. l’attività esercitata non deve costituire, in nessun modo, mera prosecuzione di altra attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente o autonomo, escluso il caso in cui tale attività costituisca un periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio dell’arte o professione (requisito non richiesto per i lavoratori in mobilità o che hanno perso il lavoro);

Il requisito della “mera prosecuzione” sussiste, secondo l’Agenzia Entrate, quando la “nuova” attività non si differenzia dalla precedente in relazione ai mezzi utilizzati e alla clientela servita.
Oltre ai predetti requisiti bisogna verificare che:
a) nell’anno precedente
1) non abbiano conseguito ricavi ovvero hanno percepito compensi, ragguagliati ad anno, superiori a € 30.000
2) non abbiano effettuato cessioni all’esportazione
3) non abbiano sostenuto spese per lavoratori dipendenti, co.co.co. o lavoratori a progetto, né corrisposto compensi ad associati in partecipazione con apporto di solo lavoro
b) nel triennio precedente
non abbiano effettuato acquisti di beni strumentali, anche tramite appalto, locazione e leasing, per un ammontare superiore a € 15.000
Le predette condizioni vanno verificate negli anni successivi per la permanenza nello stesso. Per un maggior approfondimento i riferimenti normativi sono:
i requisiti di accesso al regime (comma 96, Legge Finanziaria 2008 L. 247/2007)
le fattispecie di esclusione (comma 99, Legge Finanziaria 2008 L. 247/2007).

Potendo entrare oggi nei regimi minimi, questi mi durerebbero 5 anni a partire da oggi oppure 1 anno fino al compimento dei 35 anni d’età?
Il regime dei minimi può essere adottato, per un periodo di 5 anni a partire dall’anno di inizio dell’attività oppure anche oltre il 5° anno e fino all’anno in cui il contribuente compie 35 anni.

Ci sono altri tributi, oltre a IRPEF 5% e INPGI 10+2%, che vanno a intaccare il lordo percepito?
Oltre all’imposta sostitutiva dell’IRPEF del 5% ed il pagamento del contributo soggettivo INPGI del 10% (il contributo integrativo del 2% è a titolo di rivalsa e va addebitato direttamente al committente) non vi sono altre “imposte” che vanno ad intaccare il lordo percepito.

Ho aperto la partita Iva per svolgere un lavoro in qualità di assistente regista. Contemporaneamente svolgo prestazioni per alcune riviste settimanali Vorrei sapere, sono soggetto a contribuzione Enpals o Inps? È il caso che fatturi anche le prestazioni ai giornali con la partita Iva e se sì, in che modo? Faccio notare che ho la partita Iva per le nuove imprenditorie giovanili.
Enpals è stato assorbito dall’Inps ed è diventato una gestione autonoma all’interno di quell’Ente previdenziale. Per ogni informazione, quindi, occorre rivolgersi all’ufficio Inps competente.
Per quanto riguarda le collaborazioni giornalistiche, che comportano il versamento di contributi all’Inpgi 2, non è obbligatoria l’apertura della partita Iva. Se si tratta di collaborazioni saltuarie svolte con ritenuta d’acconto oppure di collaborazioni giornalistiche svolte con la formula della cessione del diritto d’autore, l’onere dell’iscrizione all’Inpgi 2 e del versamento dei contributi spetta al giornalista. Se si tratta di un contratto di collaborazione coordinata e continuativa, iscrizione all’Inpgi 2 e versamento dei contributi sono a carico del committente.

Ho partita IVA legata all’associazione professionale che ho avviato con altri colleghi professionisti, un committente che non ha Parta IVA deve necessariamente sottoscrivere un contratto co.co.co. e versare l’intero 12% all’INPGI? Il committente ha dei costi aggiuntivi?
Se i lavoro proposto rientra tra le finalità della Partita IVA, si può emettere fattura per la tua prestazione. Il fatto che il committente non abbia Partita IVA non è un problema. In questo caso la contribuzione Inpgi è l’abituale 12%, di cui il 2% a carico dell’azienda.
Si può valutare anche la stesura di un contratto di collaborazione coordinata e continuativa che avrebbe il vantaggio di garantire al giornalista una contribuzione Inpgi più alta, attestata al 26,72% di cui 2/3 (17,82%) a carico del committente e 1/3 (8,91%) a carico del giornalista, direttamente detratta dalla retribuzione.
In questo caso, il committente dovrebbe comunicare la stipula del contratto all’Inpgi che, provvederebbe ad inviare tutta la documentazione per fargli aprire una posizione, ovviamente senza costi.

Vorrei sapere se con Partita IVA posso essere pagata con il diritto d’autore.
Premettendo che la questione circa la cessione del diritto d’autore e la professione giornalistica è quanto mai dibattuta e a tal riguardo l’indicazione del Ministero del Lavoro, sollecitato in proposito, esclude l’attività giornalistica tout court dalle norme contenute nella legge 633 del 1941, ammettendola solo in casi sporadici con specifico riferimento all’alta specializzazione degli articoli pubblicati (es. rubriche tenute da esperti in questo o quel campo); relativamente allo specifico quesito ci sono delle differenze in base al regime IVA applicato.
Seppur i corrispettivi sui diritti d’autore e proventi assimilati, spettanti all’autore stesso, non rientrano nel campo di applicazione dell’IVA, ai sensi dell’art. 3 del DPR 633/72 e pertanto risulta possibile emettere una nota di pagamento, nel caso in cui si rientri nel regime dei contribuenti minimi o in altro regime agevolato è obbligatorio fatturare le prestazioni anche con contratto di cessione del diritto d’autore. Sul tema è intervenuta l’Agenzia delle Entrate (risoluzione n. 311 del 21/07/2008) stabilendo, in estrema sintesi, che il giornalista che applica il regime dei contribuenti minimi deve fatturare secondo i criteri stabiliti dalla norma agevolativa e conteggiare i compensi percepiti per le cessioni dei diritti d’autore a quelli conseguiti nell’esercizio dell’attività professionale nella quota limite dei 30.000 euro.
Nel caso in cui non si rientrasse in regimi IVA agevolati , è possibile emettere una nota di pagamento, inserendo il Contributo integrativo 2% (D. Leg. 103/96) per la Gestione Separata INPGI calcolato sull’intero ammontare dell’imponibile, mentre la ritenuta d’acconto andrà calcolata sul 75% dell’imponibile stesso.

Quale codice Ateco deve indicare nella richiesta di apertura partita Iva il giornalista persona fisica che vuole avviare un’attività di lavoro autonomo?
Il codice Ateco da indicare nel caso di apertura di una ditta individuale da parte di un giornalista è 90.03.01, la denominazione della sottocategoria è “Attività dei giornalisti indipendenti”. Possono accedere al nuovo regime dei minimi con aliquota al 15% le attività di questo tipo che non superano la soglia di ricavi annuale pari a 20mila euro. La categoria di rischio per la valutazione degli adempimenti obbligatori nell’ambito della sicurezza del lavoro è classificata come “bassa”.

I giornalisti degli uffici stampa privati possono versare i contributi all’INPGI?
Per quanto riguarda la contribuzione dei giornalisti all’INPGI la legge di riferimento è la n. 388/2000 (legge finanziaria per l’anno 2001), che ha incluso tra gli iscritti all’Inpgi anche i pubblicisti dal 1° gennaio 2001; tale norma, infatti, afferma un principio importante e cioè che nel regime dell’Inpgi ciò che assume rilievo ai fini dell’iscrizione è la natura giornalistica del rapporto di lavoro subordinato. La disposizione non fa alcun riferimento alla contrattazione collettiva applicata, perciò, per coloro che svolgono attività giornalistica in forma subordinata l’Inpgi è sostitutivo di tutte le forme di previdenza ed assistenza obbligatorie ed è, quindi, l’unico soggetto giuridico tenuto ad assicurarli obbligatoriamente, qualunque sia il contratto, collettivo o individuale, che disciplina il loro rapporto di lavoro.

Lavoro nell’ufficio stampa di un’azienda privata con un contratto non giornalistico perché svolgo anche altre mansioni come calcolo i contributi da versare all’INPGI?
Va chiarito che il reddito derivante da un rapporto di lavoro dipendente deve essere assoggettato a contribuzione in un unico ente previdenziale e non può essere ripartito, ai fini previdenziali, in più enti in ragione delle diverse attività eventualmente svolte.
Di conseguenza, il dipendente con la qualifica di “Addetto Stampa e P.R.” in un azienda privata dovrà essere assicurato all’INPGI (Gestione Principale), a prescindere dal CCNL applicato, nel caso in cui l’attività di addetto stampa (attività giornalistica) sia prevalente rispetto alle altre attività contestualmente svolte nell’ambito dello stesso rapporto di lavoro. In caso contrario dovrà essere assicurato presso l’INPS, anche per la parte di reddito derivante dallo svolgimento in via marginale di attività giornalistica.
Soltanto nella Pubblica Amministrazione, ai fini dell’iscrizione all’INPGI, si prescinde dalla prevalenza delle mansioni giornalistiche; sempreché il giornalista abbia avuto un incarico formale di addetto stampa e/o responsabile dell’Ufficio Stampa ex lege 150/2000. In questo caso il giornalista deve, quindi, essere sempre assicurato presso l’INPGI.

Ho un contratto co.co.co. con un Comune posso assumere altri incarichi/collaborazioni esterne?
Il comma 4 dell’articolo 9 della legge 150 (“I coordinatori e i componenti dell’ufficio stampa non possono esercitare, per tutta la durata dei relativi incarichi, attività professionali nei settori radiotelevisivo, del giornalismo, della stampa e delle relazioni pubbliche. Eventuali deroghe possono essere previste dalla contrattazione collettiva di cui al comma 5”) si applica solo per chi è di ruolo nella pubblica amministrazione o chi, essendone estraneo, per la legge 29/93 ha un rapporto di lavoro subordinato anche se a tempo determinato.
In relazione, dunque, alla possibilità o meno di altri incarichi giornalistici in presenza di una collaborazione coordinata e continuativa con un ente pubblico non possiamo che confermarti che, per la forma in specie, non vi può essere limitazione alcuna. Come si potrebbe concepire una limitazione simile ad un’attività di carattere squisitamente autonomo?
D’altronde la possibilità di avere collaborazioni in linea di principio non è esclusa nemmeno dal comma 4 dell’articolo 9 quando fa riferimento a possibili deroghe previste nella contrattazione collettiva.
Esplicitati gli ambiti e le caratteristiche della collaborazione con il Comune, verificato che la collaborazione non può creare conflitti di interesse con l’incarico presso il Comune stesso né configurare situazioni in contrasto con la deontologia professionale non sussiste alcuna incompatibilità o problema affinché, in accordo con l’Ente, si possa avviare una nuova collaborazione.

Ho alcune collaborazioni (uffici stampa e portali internet). Per queste collaborazioni è necessario aprire anche una posizione Inps? In base a questo avrei poi in futuro una doppia pensione (Inps+Inpgi)?
Innanzitutto chiariamo che il lavoro di ufficio stampa è giornalistico. Essendo svolto da un iscritto all’Ordine dei giornalisti, quindi, comporta il versamento dei relativi contributi previdenziali all’Inpgi (Gestione principale per i lavoratori subordinati, Gestione separata per liberi professionisti, autonomi e co.co.co.).
Per quanto riguarda il lavoro per i portali internet. se si riferisce a contenuti generici non è giornalistico; se invece si riferisce a notizie, cronaca e articoli di commento è giornalistico, e pertanto vale quanto appena visto per gli uffici stampa.
Per i lavori non giornalistici, i relativi contributi previdenziali vanno versati al competente istituto di previdenza: la Gestione separata Inps è l’ente che si occupa di ricevere i contributi delle collaborazioni non professionali. Presso ogni ente verrà maturato un trattamento pensionistico.
La legge consente, a determinate condizioni, di richiedere la ricongiunzione o la totalizzazione dei periodi contributivi maturati in diversi Istituti.

Sono un giornalista e faccio collaborazioni e consulenze non giornalistiche, sono obbligato all’iscrizione alla Gestione Separata?
No, in quanto l’attività svolta non ha carattere giornalistico.

Sono un giornalista che esercita altre attività ma svolgo anche attività giornalistica, come devo comportarmi?
Devi iscriverti alla Gestione Separata, alla quale dovrai versare i contributi soltanto su quella parte di reddito che sia riconducibile ad attività giornalistica autonoma. In sede di comunicazione del reddito alla Gestione Separata dovrai indicare esclusivamente l’ammontare dei compensi riferiti a tale attività.

Sono un giornalista socio di uno Studio associato all’interno del quale svolgo attività giornalistica, sono tenuto a iscrivermi alla Gestione separata?
Si, perché la tua attività non è considerata di natura imprenditoriale, ma ha vero e proprio carattere professionale autonomo, e in quanto tale è assoggettabile a contribuzione Inpgi.

Sono un giornalista socio di una società (di persone o di capitali) che svolge attività giornalistica, emetto fatture a nome della società e poi a fine anno mi ripartisco gli utili insieme agli altri soci, devo iscrivermi alla Gestione Separata Inpgi?
No, perché i tuoi redditi non sono fiscalmente considerati derivanti da attività autonoma professionale, ma da attività imprenditoriale. Come tali, ai fini contributivi, vanno denunciati all’INPS. Non è da escludere che con le nuove società tra professionisti si possano invece assoggettare a INPGI.

Se un giornalista, socio di una società, emette una fattura o ricevuta di pagamento per il lavoro giornalistico svolto (indipendentemente dalla ripartizione degli utili), deve versare i contributi all’Inpgi su quel reddito?
Si, perché in questo caso il reddito esula dagli utili societari e, anche ai fini fiscali, è riconducibile a reddito da lavoro autonomo.

Sono un giornalista e lavoro in Italia per un committente straniero, sono tenuto ad iscrivermi? Se si, sono tenuto a richiedere anche il 2% al mio committente, per poi versarlo all’Inpgi?
Sì perché, comunque, i redditi derivanti da questa attività sono prodotti in Italia e dichiarati al fisco italiano. In materia previdenziale anche il committente – sebbene straniero – è tenuto al rispetto delle norme vigenti nel Paese in cui il reddito viene prodotto.

Oltre all’attività giornalistica, svolgo anche attività di diversa natura, i cui compensi vengono riportati cumulativamente nello stesso quadro e nello stesso rigo della dichiarazione dei redditi (relativa al lavoro autonomo). Come devo comportarmi quando devo comunicare i redditi da assoggettare a contribuzione?
Al momento della compilazione del modello reddituale da compilare on line per la Gestione Separata Inpgi devi indicare soltanto la parte di reddito derivante dallo svolgimento di attività giornalistica.

Si possono ricongiungere i contributi previdenziali all’INPGI 2?
La ricongiunzione dei contributi, che avviene secondo le prescrizioni della legge n. 45 del 5/3/1990. Con l’INPGI2 si possono ricongiungere tutte le posizioni previdenziali (da dipendenti e da liberi professionisti) a parte l’INPS Gestione Separata. Pertanto una volta iscritti all’Ordine i giornalisti dovranno chiudere la propria posizione INPS Gestione Separata, ma non potranno unificare i contributi presso un unico ente di previdenza.

Un giornalista iscritto all’INPGI 2 può riscattare gli anni di università?
Gli anni di corsi universitari sono riscattabili per chi ha un contratto co.co.co.

La giornalista con contratto co.co.co. è obbligata ad astenersi dal lavoro nei 5 mesi di “maternità obbligatoria”? Se non lo fa quali sono le conseguenze?
Dal 2007, è esteso alle lavoratrici autonome, iscritte alla Gestione separata INPS, durante la maternità l’obbligo all’astensione dall’attività lavorativa secondo le regole delle lavoratrici dipendenti, anche nelle ipotesi di interdizione anticipata previste dall’art. 17 del Dlgs n. 151/2001. La disciplina prevede il divieto di adibire le donne al lavoro, nei due mesi precedenti la data presunta del parto e tre mesi successivi la data effettiva del parto.
Questo divieto vale anche per le giornaliste co.co.co. iscritte alla Gestione separata dell’Inpgi.
Il committente non può, quindi, adibire le lavoratrici all’attività lavorativa durante il congedo di maternità, compresi gli eventuali periodi di interdizione anticipata. L’eventuale inosservanza di tale divieto non è tuttavia sanzionato.

Una giornalista titolare di partita Iva, libera professionista con contratti a scadenza annuale con vari committenti, può avvalersi della legge sulla maternità per quanto riguarda il periodo di astensione obbligatoria?
La legge che riconosce l’indennità di maternità anche alle lavoratrici libere professioniste non prevede l’obbligo di astensione dal lavoro nei 2 mesi antecedenti al parto e nei 3 mesi successivi, tanto che il pagamento dell’indennità spetta a prescindere dall’astensione o meno dal lavoro.
La Corte costituzionale ha escluso che questo differente regime sia in contrasto con la Costituzione in quanto costituisce il riflesso della diversità esistente tra lavoro autonomo e lavoro subordinato; si ritiene, cioè, che le lavoratrici autonome abbiano la possibilità di autodeterminare le modalità di svolgimento del proprio lavoro adattandole alle proprie forze e alle esigenze del bambino e d’altra parte l’indennità di maternità ha proprio la funzione di consentire alla professionista di vivere la maternità con serenità senza preoccupazioni legate alla sospensione o riduzione dell’attività lavorativa.
La giornalista, quindi, non ha diritto di astenersi, ma dovrà concordare con il committente tempi e modalità della propria prestazione durante il periodo di maternità.

Sono iscritta alla Gestione separata dell’INPGI ho diritto all’indennità di maternità?
Se una giornalista non ha diritto alla maternità da parte di nessun altro Ente ed è in regola con il pagamento della contribuzione (ha versato almeno i contributi minimi) riceverà un’indennità di maternità calcolata sul reddito denunciato nel 2° anno precedente l’evento. In ogni caso viene corrisposta un’indennità minima pari ad euro 4.752,80 e una massima di euro 23.764,00 (nel 2012) dalla quale andrà detratta la trattenuta del 20%.

Una collega con l’incarico di Direttore responsabile può continuare a firmare durante il periodo di maternità obbligatoria o deve essere nominato un sostituto?
La qualifica di direttore responsabile non configura automaticamente una prestazione di lavoro di carattere subordinato. Il direttore responsabile è colui a cui è stata affidata la responsabilità, ai fini penali, della testata cosi come definita dall’art. 3 della legge 8 febbraio 1948 n. 47. Di conseguenza, ancorché in maternità, è possibile continuare a esercitare la direzione responsabile di una testata. Qualora, invece, la direzione responsabile coincidesse con la direzione politico-organizzativa, cosi come definita dall’art. 6 del Cnlg, si configurerebbe un rapporto di lavoro subordinato. In tal caso troverebbe automatica applicazione la normativa di legge a tutela della maternità.

Art. 13 — D.L. 146/2021 (Conv. L. n. 215/2021) in materia di obbligo di comunicazione dei lavoratori autonomi occasionali e lavoro giornalistico.

Facendo seguito alle richieste di chiarimento giunte alla FNSI, relativamente all’applicabilità della norma in oggetto nel campo delle prestazioni professionali giornalistiche si ritiene opportuno precisare e segnalare quanto segue. Sin dalle prime richieste di supporto tecnico, gli Uffici della FNSI hanno escluso la possibilità di applicare la normativa in commento alle prestazioni libero professionali di natura giornalistica.

Alle medesime conclusioni è giunto il Ministero del Lavoro congiuntamente all’Ispettorato nazionale del lavoro che, con la circolare n. 109 del 27 gennaio scorso, che qui si allega (All.1), hanno fornito ulteriori chiarimenti in relazione all’obbligo di comunicazione in oggetto, anche in considerazione di alcuni quesiti recentemente sollevati.

I chiarimenti, contenuti nella circolare 109/2022, sono riportati sotto forma di FAQ, che tuttavia costituiscono parte integrante della nota ministeriale. Al riguardo si segnala la FAQ n. 5 relativa alla possibilità di escludere i lavoratori autonomi occasionali impiegati in prestazioni di natura intellettuale, dall’obbligo di comunicazione preventiva introdotto dall’art. 14, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2008.

A tal riguardo l’Ispettorato nazionale del lavoro chiarisce che le prestazioni escluse dall’obbligo di comunicazione sono, tra l’altro, quelle riconducibili alla disciplina contenuta negli artt. 2229 e seguenti del codice civile – proseguendo che – si ritiene che siano comunque escluse dall’obbligo comunicazionale le prestazioni di natura prettamente intellettuale. La precisazione si conclude poi affermando che possono essere esclusi — a titolo esemplificativo ”i correttori di bozze, i progettisti grafici, i lettori di opere in festivai o in iibreria, i relaori in convegni e conferenze, i docenti e i redattori di articoli e testi”.

***

La FNSI aveva già approfondito — antecedentemente all’entrata in vigore della norma in commento — la compatibilità delle prestazioni libero professionali di natura giornalistica con le così dette “prestazioni occasionali”, arrivando alla medesima odierna conclusione, per le motivazioni che seguono.
Il tema infatti era già stato affrontato dall‘Agenzia delle Entrate che – con la Risoluzione 41/2020 che qui si allega (All.2) — aveva evidenziato il divieto di utilizzo della prestazione occasionale per gli iscritti ad albi o ruoli professionali. In quella sede, l’Agenzia delle entrate — in risposta all’interpello di un medico – affermava che le prestazioni occasionali sono vietate per i professionisti iscritti ad albi e vige per loro l’obbligo di operare solo con partita Iva e pertanto l’esercizio con prestazione occasionale non si concilia con un’attività professionale.

Giova ricordare chela prestazione occasionale è definita dall’articolo 2222 del codice civile e dalle disposizioni previdenziali e che, anche la posizione dell’lNPGI, non sembra lasciare spazio a dubbi: ”Ai soli fini previdenziali sono assimilati ai redditi professionali anche quelli derivanti da attività autonoma svolta dai giornalisti al di fuori del campo di applicazione dell’lVA e non derivanti da un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa (con o senza progetto). Al riguardo, il Ministero del Lavoro con nota del 5 agosto 1999 n. 82661 ha chiarito, senza possibilità di equivoco, che qualunque prestazione di lavoro autonomo resa dai giornalisti — anche se sporadica e produttiva di modesta reddito – comporta l’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata dell’inpgi e di versamento dei contributi assicurativi. L’art. 61 del D. Lgs 1040942003 n. 276, nel definire il campo di applicazione del lavoro a progetto e del lavoro occasionale ha escluso le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali. Di conseguenza, la definizione di lavoro occasionale operata dal predetto decreto legislativo non trova applicazione per i giornalisti che, per svolgere la loro professione, devono essere obbligatoriarnente iscritti all’Albo (Elenco professionisti a Elenco pubblicisti). “Inoltre, come chiaramente riportato sul sito web dell’INPGI, per i giornalisti, così come per tutti i liberi professionisti, non esiste lavoro occasionale.”

La prestazione occasionale consiste in una prestazione lavorativa, di lavoro autonomo esercitata in modo del tutto sporadico ed occasionale (quindi senza abitualità) e, spesso, si cade nell’errore di credere che sia possibile utilizzare la prestazione occasionale, senza problemi, purché restando sotto la soglia dei 5.000 euro! mentre, in realtà, la prestazione occasionale non ha alcun limite minimo o massimo di utilizzo, ma la sua utilità è legata alla sporadicità dell’attività esercitata.

I professionisti – che condizionano la propria attività all’iscrizione ad un Ordine professionale — non possono, infatti, operare con formule “occasionali” di esercizio dell’attività, pertanto il divieto riguarda anche i giornalisti iscritti all’Ordine professionale in quanto professionisti che svolgono un’attività legata alla loro iscrizione all’Albo e che pertanto hanno l’obbligo operare di esclusivamente con P.IVA (fatta salva la possibilità del lavoro parasubordinato).

In conclusione, tuttavia, va precisato che anche i professionisti iscritti in Albi possono comunque operare con prestazioni occasionali, purché in svolgimento di attività (occasionali e non abituali) totalmente estranee alle attività tipiche dell’appartenenza al proprio Ordine professionale. Ad esempio, un giornalista che, nel tempo libero, scrive fiabe per bambini, può gestire questa attività con prestazione occasionale, di conseguenza il compenso una tantum percepito non è legato
all’appartenenza all’ODG e pertanto questo consente di svolgere detta attività con prestazione
occasionale.

Art. 13, D.L. n. 146/2021 conv. da L. n. 215/2021 – obbligo di comunicazione dei lavoratori autonomi occasionali — ulteriori chiarimenti.

Facendo seguito alla nota prot. n. 29 dell’11 gennaio u.s. si ritiene opportuno fornire ulteriori chiarimenti in relazione all’obbligo di comunicazione in oggetto, anche in considerazione di alcuni quesiti recentemente sollevati.

I chiarimenti, al fine di semplificarne la lettura, sono riportati sotto forma di FAQ, le quali costituiscono parte integrante della presente nota. Le stesse FAQ, condivise con l’Ufficio legislativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali che si è espresso con nota prot.729 del 26 gennaio 2022, potranno essere integrate sulla base di eventuali ulteriori questioni che dovessero essere rappresentate.

1. Gli Enti del Terzo settore che svolgono esclusivamente attività non commerciale sono ricompresi nell’ambito di applicazione soggettiva dell’art. dell’art. 14, comma 1, del D.l.gs. n. 81/2008, come modificatodall’art.13 del D.L. n. 146/2021 (conv. da L.n. 215/2021), concernente l’obbligo di comunicazione dei lavoratori
autonomi occasionali?

No, in quanto, come chiarito con la nota del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e INL prot. n.29 dell’11.01.2022 “…il nuovo obbligo comunicazionale interessa esclusivamente i committenti che operano in qualità di imprenditori”. Tuttavia, laddove tali Enti svolgano, anche in via marginale, un’attività d’impresa — il cui esercizio è ammesso dal prevalente orientamento giurisprudenziale — sono tenuti all’assolvimento dell’obbligo
con riferimento ai lavoratori autonomi occasionali impiegati nell’attività imprenditoriale.

2. Le aziende di vendita diretta a domicilio sono escluse dall’ambito di applicazione della normativa in materia di comunicazione preventiva di lavoratore autonomo occasionale per la figura dell’incaricato alla vendita occasionale?

Si, in quanto l’obbligo in questione interessa esclusivamente i lavoratori autonomi occasionali inquadrabili nella definizione contenuta nell’art. 2222 c.c. e sottoposti al regime fiscale di cui all’art.67, comma l lett. l), del D.P.R. n. 917/1986 (v. nota citata prot. n. 29 dell’11.01.2022). Nel caso in esame, l’attività è invece inquadrabile nell’ambito dei redditi diversi di cui all’art.67, comma 1, lett. i) in quanto, come chiarito con la risoluzione del 12 luglio 1995 prot. 180 del Ministero delle Finanze, “sembra evidente che lo stesso (…) configuri attività commerciale, la quale può essere svolta in modo abituale o in maniera occasionale”.

3. La prestazione resa dal procacciatore d’affari occasionale rientra nell’ambito di applicazione dell’obbligo di comunicazione ex art.14, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2008?

No, in quanto i redditi prodotti dal procacciatore d’affari occasionale rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 67, comma 1, lett. i), del D.P.R. n. 917/1986, in termini analoghi rispetto a quanto indicato alle FAQ n. 2.

4. La pubblica amministrazione e/o gli enti pubblici non economici sono esonerati dall’adempimento della comunicazione preventiva di cui all’art. 14, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2008?

Si, in quanto esso si riferisce esclusivamente ai committenti che operano in qualità di imprenditori, con conseguente esclusione della pubblica amministrazione, ivi compresi gli enti pubblici non economici secondo l’elencazione rinvenibile nell’art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001.

5. I lavoratori autonomi occasionali impiegati in prestazioni di natura intellettuale possono essere esclusi dall’obbligo di comunicazione preventiva introdotto dall’art.14 comme 1, del D.Lsg. n. 81/2008?

Come chiarito con la citata nota prot. n. 29 dell’11.01 2022, le prestazioni escluse dall’obbligo di comunicazione sono tra l’altro quelle riconducibili alla disciplina contenuta negli artt. 2229 e ss. c.c.
In ragione della ratio della norma volta a ” …contrastare forme elusive nell’utilizzo di tale tipologia contrattuale” e della sua collocazione all’interno della disciplina sul provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale, si ritiene che siano comunque escluse dall’obbligo comunicazionale le prestazioni di natura prettamente intellettuale. Pertanto possono essere esclusi, a mero titolo esemplificativo, i correttori di bozze, i progettisti grafici, i lettori di opere in festival o in libreria, i relatori in convegni e conferenze, i docenti e i redattori di articoli e testi.

6. L’adempimento di cui all’art. 14, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2008 va effettuato nell’ipotesi in cui la prestazione lavorativa venga resa da remoto con modalità telematica dall’abitazione/ufficio del prestatore di lavoro?

Di per sé il luogo di lavoro non costituisce una scriminante dell’obbligo di comunicazione, fermo restando che, qualora l’attività rientri nell’ambito delle prestazioni intellettuali, troveranno applicazione le indicazioni di cui alla FAQ n. 5.

7. Le prestazioni di lavoro autonomo occasionale rese da lavoratori dello spettacolo vanno comunicate ai sensi dell’art. 14, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2008?

No, nella misura in cui i lavoratori autonomi dello spettacolo siano già oggetto degli specifici obblighi di comunicazione individuati dall’art. 6 del D.Lgs.C.P.S. n. 708/1947.

8. Le Fondazioni ITS che erogano percorsi formativi professionalizzantì e che, nell’espletamento della loro attività istituzionale, in taluni casi, si avvalgono dell’attività di lavoratori autonomi occasionali devono assolvere all’obbligo comunicazionale di cui all’art. 14, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2008?

No, nella misura in cui l’attività istituzionale di cui trattasi non è qualificabile quale attività di impresa.

9. L’obbligo comunicazionale riguarda anche le prestazioni di lavoro autonomo occasionale svolte in favore delle ASD e SSD?

No, in quanto esso si riferisce esclusivamente ai committenti che operano in qualità di imprenditori, con conseguente esclusione delle ASD e SSD che operano senza finalità di lucro.

10. Gli studi professionali che si avvolgono di prestazioni di lavoro autonomo occasionale sono tenuti all’obbligo comunicazionale di cui all’art. 14, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2008?

Gli studi professionali, ove non organizzati in forma di impresa, non sono tenuti ad effettuare la comunicazione di cui al citato art. 14, comma 1, in quanto, come già chiarito, la norma si riferisce esclusivamente ai committenti che operano in qualità di imprenditori. Resta inoltre fermo quanto chiarito con la FAQ n. 5

*****

RISOLUZIONE N. 41 /E – Roma, 15 luglio 2020
OGGETTO: Regime fiscale dei compensi erogati ai sostituti medici in continuità assistenziale

QUESITO
Il contribuente istante, nel rappresentare di svolgere l’attività di sostituto medico in continuità assistenziale (c.d. guardia medica), chiede di conoscere quale sia la misura della ritenuta d’acconto applicabile sui compensi che sono erogati dalle ASL per lo svolgimento di tale attività professionale. La richiesta di chiarimenti scaturisce dall’incertezza sull’esatta collocazione dei proventi professionali in una delle categorie reddituali individuate nell’articolo 6 del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir).

SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE

L’Istante ritiene che le somme erogate in favore dei sostituti medici in continuità assistenziale vadano classificati come reddito di lavoro autonomo occasionale, ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera l), del Tuir.
Conseguentemente, ai sensi dell’articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 sugli stessi è da applicarsi la ritenuta nella misura del 20 per cento, salva l’ipotesi in cui il contribuente si avvalga del regime
forfetario, nel qual caso le somme erogate non sono soggette alla predetta ritenuta d’acconto IRPEF, ai sensi dall’articolo 1, comma 67, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di Stabilità 2015).

PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE

L’articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, recante norme in materia di “Riordino della disciplina in materia sanitaria” stabilisce, tra l’altro, che il rapporto tra il Servizio Sanitario Nazionale (in seguito,
anche SSN), i medici di medicina generale ed i pediatri di libera scelta è disciplinato da apposite convenzioni di durata triennale conformi agli accordi collettivi nazionali stipulati con le organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative in campo nazionale.

In particolare, la Convenzione con il SSN regola “il rapporto di lavoro autonomo convenzionato per l’esercizio delle attività professionali, tra i medici di medicina generale e le Aziende sanitarie locali, per lo svolgimento, nell ambito
del SSN e le sue articolazioni, dei compiti e delle attività relativi ai settori di:
a) assistenza primaria;
b) continuità assistenziale;
c) medicina dei servizi territoriali;
d) emergenza sanitaria territoriale. ”

I medici da incaricare per l’espletamento delle attività di settore sono tratti da graduatorie per titoli, una per ciascuna delle attività (graduatorie di settore), predisposte annualmente a livello regionale, a cura del competente Assessorato alla Sanità. Gli Accordi regionali possono, inoltre, prevedere la formulazione di una graduatoria unica regionale per tutte le attività.

Le graduatorie hanno validità di un anno a partire dal 1° gennaio dell’anno al quale sono riferite, decadono il 31 dicembre dello stesso anno, e sono utilizzate per la copertura degli incarichi rilevati come vacanti nel corso dell’anno di validità delle graduatorie di settore medesime.

Il rapporto di lavoro disciplinato dalla citata Convenzione può essere instaurato da parte delle aziende solo con i medici che siano iscritti all’albo professionale e siano in possesso dell’attestato di formazione in medicina generale, o titolo equipollente. In linea generale, deve osservarsi che l’esercizio della professione medica, salvo quella effettuata nell’ambito di un rapporto di lavoro dipendente (ad esempio l’attività libero professionale intramuraria del personale dipendente del Servizio
Sanitario Nazionale), rientra nella previsione normativa di cui all’articolo 53, comma 1, del Tuir e, pertanto, il reddito da essa derivante, qualunque sia la prestazione effettuata, si configura come reddito di lavoro autonomo.

Con specifico riferimento alle attività di continuità assistenziale svolta da medici con incarico a tempo indeterminato, il Ministero delle Finanze con la risoluzione 5 febbraio 1999, n. 14, ha ritenuto che gli emolumenti corrisposti dalle Aziende Sanitarie Locali ai predetti medici siano da qualificarsi quali redditi di lavoro dipendente e, conseguentemente, non soggetti ad IRAP da parte dei medesimi.

Al riguardo, si è dell’avviso che il citato documento di prassi non possa essere automaticamente esteso alla fattispecie in esame, dal momento che la richiamata risoluzione dovrebbe essere valutata alla luce dell’evoluzione normativa e contrattuale che ha interessato negli anni la disciplina del rapporto di lavoro tra il personale sanitario e le Aziende Sanitarie Locali.

Inoltre, l’Istante afferma che i sostituti medici in continuità assistenziale, iscritti in un apposito albo professionale, sono “sprovvisti degli istituti contrattuali di cui all’art. 51 del d.P.R. n. 484 del 1996 — come la gravidanza o la malattia per
citarne alcuni — ovvero di qualsiasi altra tutela lavorativa caratterizzante i rapporti di lavoro dipendente, come le ferie o il trattamento di fine rapporto (T.F.R.)”.

Si osserva, inoltre, che la Convenzione prevede che “per sostituzioni superiori a 9 giorni, l’Azienda conferisce l’incarico di sostituzione secondo l’ordine della graduatoria aziendale di disponibilità di cui all’articolo 15, comma 12 (medicina generale) o, in mancanza, della graduatoria regionale di settore vigente, con priorità per i medici residenti nel territorio della Azienda.”.

Invero, l’incarico assegnato ai sostituti per l’espletamento dell’attività di continuità assistenziale è a tempo determinato, ovvero provvisorio dal momentoche può cessare in ragione del rientro, anche anticipato, del medico titolare dell’incarico a tempo indeterminato.

Sulla base di quanto rappresentato, la tipologia di rapporto che si instaura tra l’Azienda e il medico sostituto che, come detto, deve essere iscritto all’albo professionale, dal punto di vista fiscale è inquadrabile quale rapporto di lavoro autonomo.

Necessitano, però, ulteriori considerazioni in materia di IRPEF e di IVA, ai fini della corretta qualificazione fiscale dei compensi percepiti dall’Istante quali redditi professionali od occasionali.

Per quanto concerne le imposte sui redditi, l’articolo 53, comma 1, del TUIR definisce redditi di lavoro autonomo “quelli che derivano dall’esercizio di arti e professioni. Per esercizio di arti e professioni si intende l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di attività di lavoro autonomo diverse da quelle considerate nel capo VI, compreso l’esercizio in forma associata di cui alla lett. e) del comma 3 dell ’art. 5 .”.

Ai sensi, invece, dell’articolo 67, comma 1, lettera l), del Tuir, “i redditi derivanti da attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente” rientrano nella categoria dei “redditi diversi”.
Ai fini IVA, l’articoli 1 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, prevede l’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto “sulle cessioni di beni e sulle prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato nell’esercizio di imprese o nell’esercizio di arti e professioni”; laddove, per esercizio di arti e professioni l’articolo 5, comma 1, del medesimo d.P.R. “intende l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di qualsiasi attività di lavoro autonomo da parte di persone fisiche”.

Il successivo articolo 21, comma 1, del medesimo d.P.R n. 633 del 1972 prevede l’obbligo di fatturazione per i soggetti rispetto ai quali si configurano i presupposti per l’assoggettamento della operazione al tributo in esame.

Al riguardo, l’articolo 35, comma 1, del d.P.R. citato statuisce che “I soggetti che intraprendono l’esercizio di un’impresa, arte o professione nelterritorio dello Stato, o vi istituiscono una stabile organizzazione, devono farne dichiarazione entro trenta giorni ad uno degli uffici locali dell ’Agenzia delle entrate L’ufficio attribuisce al contribuente un numero di partita I.V.A. che resterà invariato anche nelle ipotesi di variazioni di domicilio fiscale fino al momento della cessazione dell’attività e che deve essere indicato nelle dichiarazioni, nella home-page dell’eventuale sito web e in ogni altro documento
ove richiesto”.
Dalle riportate disposizioni si rileva, tra l’altro, che ai fini dell’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto, il presupposto soggettivo si realizza nella sola ipotesi in cui il professionista eserciti la propria attività in modo professionale ed abituale, a prescindere dall’ammontare del corrispettivo percepito.

Occorre dunque verificare, caso per caso, se sussistano i requisiti sopra indicati, e, conseguentemente, se nella fattispecie in esame, sorga in capo all’Istante l’obbligo di dichiarare i compensi fra i redditi professionali ai sensi dell’articolo 53 del Tuir, nonché l’obbligo di fatturazione con IVA.

In linea generale, i requisiti di professionalità e abitualità sussistono ogni qualvolta un soggetto ponga in essere con regolarità, sistematicità e ripetitività una pluralità di atti economici coordinati e finalizzati al conseguimento di uno scopo;
mentre non si realizzano solo nei casi in cui vengano posti in essere atti economici in Via meramente occasionale. L’accertamento dei suddetti presupposti implica una valutazione di fatto, che non può essere esperita in sede di istanza di interpello.

Tuttavia, si fa presente che la scrivente, con risoluzione 19 ottobre 2015, n. 88\E, richiamata anche dal contribuente istante, ha chiarito, in coerenza con quanto affermato dalla Cassazione Civile con sentenza 27 marzo 1987, n. 2297, che l’abitualità dell’esercizio professionale è insita nella volontaria iscrizione del professionista nell’albo, costituente titolo per l’affidamento di compiti in modo ricorrente.

L’iscrizione all’albo, richiesta per poter esercitare l’attività, risulta indicativa, infatti, della volontà del professionista di porre in essere una pluralità dii atti coordinati e finalizzati all’esercizio della professione.
In relazione alla fattispecie in esame, considerato che l’iscrizione all’albo professionale costituisce il titolo necessario per poter svolgere l’attività di sostituto medico in continuità assistenziale, si ritiene che tale attività sia riconducible all’esercizio di una attività professionale abituale.
Ne consegue, pertanto, che l’istante sarà obbligato all’apertura della partita IVA e all’emissione della fattura nei confronti dell’Azienda Sanitaria, nonché a dichiarare il compenso percepito tra i redditi di lavoro autonomo.
Al riguardo, si fa presente che il contribuente, qualora ricorrano le condizioni richieste, potrà fruire del regime forfetario previsto dall’articolo 1, commi da 54 a 89, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di Stabilità 2015) così come modificato, da ultimo, dall’articolo 1, comma 692, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (legge di Bilancio 2020), che prevede l’applicazione di una imposta unica sostitutiva delle imposte sui redditi, delle addizionali regionali e comunali e dell’IRAP, ed esclude la rivalsa dell’IVA nei confronti dei committenti.

Chiarimenti in merito all’applicazione di tali disposizioni sono stati resi, tra l’altro, con le circolari 4 aprile 2016, n. 10/E e 10 aprile 2019, n.8/E, consultabili sul sito www.agenziaentrate.gov.it, alle quale si rinvia per ulteriori precisazioni.